Addio a Ezio Degradi giornalista di Radio Popolare
Era arrivato in radio dalla fabbrica, non dalla scuola di giornalismo. Musicista. suonava il basso in una band sognando di emulare il suo idolo, Roy Orbison. Incise anche alcuni vinili. Una volta in radio venne Franco Battiato con un flexi disc, di quelli che regalava la Settimana Enigmistica. Sul lato B un brano di Battiato, sul lato A la band di De Gradi.
Per chi lavorava alla redazione programmi, il segmento della radio che produce le trasmissioni ed è fatta anche da tanti collaboratori che hanno un lavoro altrove ma producono format radiofonici, lui era il “capo servEzio”. Sto parlando di una radio analogica, dove al posto degli mp3 c’erano le cassette, anche per le pubblicità.
Non c’era Whatsapp, ma i messaggi che Ezio scriveva a mano. Come le radio guide.
È vero che era il secolo scorso, ma è la radio in cui molti di noi sono cresciuti.
Preciso, pignolo, rustico, granitico. Nei gusti musicali e nelle convinzioni politiche, che spesso mischiava. Il compromesso non era il suo forte.
“Claudio sei anche una persona intelligente, ma perché metti in onda certa musica di merda?” da lui me lo sono sentito dire centinaia di volte. Se c’era da fare qualcosa per aiutare la radio non si tirava indietro: indimenticabili le sue performance ad extrafestival, dove ha interpretato, in Ezio style, Khaled e Manu Chao.
I cassetti della sua scrivania erano un rifugio per vecchi vinili, copie di riviste musicali che da anni non uscivano più in edicola, ritagli di giornali…
Ezio è una di quelle persone che se le hai conosciute, non te le dimentichi mai più.
Di Claudio Agostoni.